1. Preludio ad ANNIHILATION

Fase 1

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  1. Brandon‚
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    Preludio ad ANNIHILATION
    ~ Fase 1 ~


    Ore 4.00

    Il sole non è ancora sorto, sull'avamposto dei sopravvissuti. Qualcuno dorme profondamente, qualcun'altro non riesce ancora a prendere sonno. Anche la Fatiscenza ha ormai chiuso i battenti, almeno per oggi, e per le strade non si vede gironzolare neanche un ubriacone. Tutto è deserto, tutto è silenzio, come in una piccola cittadina di campagna in una notte di mezza estate. L'unico rumore percepibile è quello delle cicale. Chi avrebbe mai detto che, proprio all'esterno dell'alveare, il virus stesse continuando a seminare morte e a trasformare le persone in abomini?

    Una luce è accesa, come un faro sul mare notturno, nell'ufficio di Noah O'Connor. A quanto pare è uno di quelli che non riesce a dormire. Un suo messaggero bussa alle porte della zona residenziale e, ancora prima di ricevere una risposta, infila sotto gli usci una busta da lettere bianca, contenente una comunicazione molto vaga. Solo una lunga lista di nomi, scelti in base a chissà quale criterio, e in basso a destra una breve frase di circostanza.


    CITAZIONE

    Brandon Edge
    Calandra Lefebvre
    Fortune Drake
    Umberto Napolitano
    Jack Dartmoor
    Guglielmo "Will" Tori
    Amos Daragon
    Nick O'Brian
    Giuseppe Serra
    Irvine Kenneas
    Mya Touch
    Blume Breisean
    Masamune Okazaki
    Petch Mall
    Heike Schwarz
    Vigdìs Briem

    « Coloro che rispondono ai nomi sopracitati sono pregati di presentarsi quanto prima, nella giornata di domani, alla Casa. La questione è della massima urgenza. »
    Noah O'Connor


    E' probabile che, battendo contro la porta, il corriere vi abbia svegliati. In caso contrario, avrete modo di leggere il messaggio della vostra convocazione l'indomani mattina. Fatto sta che non potete sottrarvi, le regole dell'alveare parlano chiaro. Tutti lavorano per tutti. Ad un vostro eventuale rifiuto vi ritrovereste senza un tetto, costretti a vagare per il continente governato dall'anarchia degli infetti.

    La mattina seguente, quindi, vi recate al municipio, dove un incaricato vi farà accomodare nella sala più grande, quella adibita alle riunioni. Perchè tanta fretta? Perchè convocare un numero così cospicuo di persone? Non vi è ancora concessa nessuna spiegazione. Non potete far altro che attendere che O'Connor si faccia vivo e vi ragguagli riguardo la faccenda.

    Descrivete il risveglio del vostro personaggio, sensazioni e pensieri una volta ricevuto il messaggio. La mattina seguente (o la mattina stessa, nel caso vi rendiate conto della lettera solo il giorno dopo la consegna), vi recate alla Casa e venite accolti nella grande sala, in attesa di qualcosa.
    1 post per ogni personaggio, ordine casuale.




    Edited by Brandon‚ - 31/5/2012, 22:15
     
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    Calandra Lefebvre Aveva dormito poco e pure male, era rientrata solo alle 5 dalla casa di Brandon. Era stato abbastanza difficile lasciarlo su quel divano da solo ma doveva riottenere il suo spazio vitale oppure avrebbe passato la sua vita a baciarlo.
    Si svegliò di colpo sentendo Gill scivolare giù dal letto e cominciare il suo viaggio per tutto l'appartamento. Non voleva andare a quel cazzo di incontro in quel cazzo di municipio con quei cazzo di altri. Si nota che il poco sonno la rende nervosa? Si mise seduta sul letto e ringraziò la sua coscienza per averle fatto preparare il tutto quelle poche ore prima, evitandole così la sofferenza del tirar fuori tutte le armi e metterle in ordine per decidere quali avrebbe indossato e quali avrebbe tenuto di lato.
    Ma di solito le ragazze non facevano così per i vestiti?
    Si concesse una doccia e il fatto che fosse alba da poco non la intimorì per niente, se avesse ritardato bhe, pazienza! Era sicurissima che non ci fosse ancora nessuno e quindi se la prese comoda.

    Camminava per le strade dell'alveare con una sacca sulla spalla destra e i capelli raccolti in due trecce ai lati del viso. L'abbigliamento era il solito, qualcosa di tattico che concedesse libertà di movimento: scarpe da trekking, short neri e canottiera bianca aderente. Aveva lo sguardo truce e incazzato, tipico di chi non era riuscito a dormire per bene più di due ore. Chiunque la fissasse si imbatteva in una faccia che senza parlare ti diceva "Rivolgimi la parola e sei morto", facendo così scappare a gambe levate chiunque la incrociasse.
    Giunse al municipio - se così lo si voleva chiamare - quando l'orologio sul suo polso segnava le 8.30, entrò e si trovò davanti un signore sulla cinquantina che aspettava in piedi. Ciao Bruce. Dove mi porti stamattina? Quello sorrise allegramente e senza dire una parola si voltò e la invitò a seguirlo. Giunsero in una sala abbastanza grande dove erano presenti alcuni divanetti e delle sedie. Sorrise all'uomo e quello se ne andò, probabilmente il suo compito era di accogliere tutti quei dannati.
    Si sedette su uno dei divanetti disponibili, occupandolo completamente, e posò con delicatezza la sacca sul pavimento. C'era un mondo di distruzione lì dentro, non le sembrava saggio fare esplodere mezza abitazione di O'Connor per una semplice distrazione.
    Calandra sei sempre l'unica stronza che arriva per prima.
    Parlò a se stessa come se fosse un'altra persona e si stiracchiò gli arti con nonchalance. Non c'era nessuno lì dentro e dubitava che qualcuno le rimproverasse qualcosa. Aspettiamo dunque il resto degli invitati.
    Sentì dei passi avvicinarsi. Almeno non avrebbe dovuto attendere molto.

    • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • "Tacciono, infatti, le leggi in mezzo alle armi." role scheme #2 bythanatøs`

     
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  3. Argental
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    La stasi aveva dominato la giornata e, seppure, al mattino l'architetto si era recato al cantiere, da dopo pranzo lo aveva circondato la calma più assoluta. Il suo spirito, invece, nonostante la distensione generale, era agitato e non riusciva a scacciare dalla mente il presentimento che qualcosa stesse per accadere.
    Passeggiò per le strade dell' alveare prima di andare a dormire e tutto era silenzioso, tranquillo come il resto. Tale quiete, a suo parere, era il preludio alla tempesta.
    Eppure di eventi concreti che avvallassero quel presagio non c'erano stati, così l'uomo finì con il mettersi il cuore in pace.
    La sorpresa che il suo infallibile istinto avesse, appunto, fallito fu superata, qualche ora dopo, quando si rese conto di non aver sbagliato e che qualcosa di grande stava accadendo. Qualcuno busso alla sua parta nel mezzo della notte, lasciando una missiva. Si era svegliato al primo rumore sospetto e ,capitolando dal letto, aveva letto la lettera, realizzato di aver ragione. C'era il suo nome tra tanti altri e lo avevano convocato, eppure non era stato avvertito di nulla giorni prima.
    Sicuramente si trattava di un imprevisto.
    Si preparò con colma, cercando di organizzare anche i suoi pensieri confusi. Decise di non preoccuparsi prima di una efettiva constatazione del pericolo e di lasciare che gli eventi lo guidassero.
    Gli eventi infatti, mossero il suo corpo, lo instradarono lungo il tragitto e lo condussero al municipio. Qui un uomo anziano, con un sorrisetto depravato, lo fece entrare in una sala dove, con lui, c'era solo un'altro individuo: una donna, affascinante, ma sconosciuta. Non si presentò, semplicemente mosse il capo come per un saluto di circostanza.
    Si sorprese guardandosi intorno, quando realizzò di aver camminato tutta la strada senza pensare e di aver raggiunto la Casa senza cognizione.
    Non riusciva ancora ad essere lucido, probabilmente il brusco risveglio ne era la causa.
     
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  4. ell_Odin
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    blume
    Era notte inoltrata quando finalmente, terminata la atroce prova di assegnazione ruoli, fecero tornare i malcapitati ai loro nuovi alloggi. Si, l'unico fattore positivo di tutto quel trambusto era appunto l'aver ricevuto un luogo di riparo all'Alveare. Pareva funzionare così, lì.
    La prova, seppur virtuale, l'aveva provata particolarmente. Riusciva ancora a sentirne l'adrenalina e a tratti anche una sorta d'ansia, e tutto ciò inspiegabilmente si ripercuoteva anche sul lato fisico. Era la stessa stanchezza di una notte passata a combattere decine di infetti o la stessa di decine di missioni di ricognizione in posti dimenticati, cosa che forse avrebbe preferito di gran lunga. Almeno quello non avrebbe richiesto una notevole pressione psicologica.
    Decise, per tutti questi motivi, che avrebbe parlato con chi di competenza l'indomani. Ripartire ora per la ricognizione sarebbe stato un suicidio bello e buono.
    - Sono in ritardo sulla tabella di marcia, ma sempre meglio il ritardo che compromettere del tutto la missione - pensava, e nel mentre guardava la cartina della città che le era stata data, trascinandosi verso il suo alloggio.
    Come tutti gli altri era situato nella zona residenziale, un unico quartiere. Non le importava a cosa fosse vicino, tanto ci sarebbe rimasta solo una notte.

    Trovato l'appartamento, ne aprì la grossa porta in legno scricchiolante. A quanto pareva non ci metteva piede nessuno da anni o nel caso ci avesse abitato qualcuno, presumeva fosse poco attento ai lavori domestici. Aleggiava pesante infatti il solito odore di chiuso e ovunque posasse lo sguardo inevitabilmente trovava polvere.
    - Beh, è solo per una notte -
    Entrò in casa e chiuse dietro di sé la porta. Un'altra rapida occhiata intorno e quel silenzio notturno fu interrotto dalla mano che aveva appena bussato alla porta.
    - Chi va là?!? - Disse in tono alto, ma dandosi un contegno vista l'ora abbastanza tarda.
    - A quest'ora, chi potrebbe mai essere? - Fece per avvicinarsi di nuovo al pomo per aprire ma si vide scivolare all'uscio una missiva.
    CITAZIONE
    Brandon Edge
    Calandra Lefebvre
    Fortune Drake
    Umberto Napolitano
    Jack Dartmoor
    Guglielmo "Will" Tori
    Amos Daragon
    Nick O'Brian
    Giuseppe Serra
    Irvine Kenneas
    Mya Touch
    Blume Breisean
    Masamune Okazaki
    Petch Mall
    Heike Schwarz
    Vigdìs Briem

    « Coloro che rispondono ai nomi sopracitati sono pregati di presentarsi quanto prima, nella giornata di domani, alla Casa. La questione è della massima urgenza. »
    Noah O'Connor

    - Sicuramente ci sarà stato qualche errore - Pensava.
    Non era trascorsa neppure una settimana da quando era qui, di certo non potevano convocarla alla Casa, che, da ciò che aveva dedotto nei giorni passati, era una sorta di municipio, un posto importante insomma.
    A meno che...
    - A meno che non sia arrivata loro qualche comunicazione dal modulo base. Forse vorranno scusarsi per il malinteso - cosa logica o quantomeno la più probabile da supporre.

    L'appuntamento comunque, era per il giorno seguente, ad un orario non specificato. "Quanto prima" c'era scritto.
    Eppure qualcosa le dava una strana sensazione, ma era talmente stanca di tutta quella baraonda nel suo cervello, che decise di andare a riposare. Dormì il giusto che le bastava per ristabilire il suo corpo, e un po' anche la mente.
    Alle prime luci dell'alba, preparò il solito che portava sempre con sé, e chiuse quell'inferno di polvere. Tirò una boccata d'aria non sana ma perlomeno migliore di quella dell'appartamento e si incamminò.

    Non poteva sbagliarsi, "La Casa" era un edificio alto, ben tenuto e separato dal resto ma al centro della città. C'era già stata e sapeva ritornarci.
    Le flebili luci del sole trapelavano dalla foschia mattutina e rischiaravano dolcemente alcune zone. Quest'immagine così serena, si impresse nella memoria di Blume. Dalle sue parti, era nero e basta.
    Il tragitto a piedi fu piacevole e lento, quasi a concederle il riposo che la notte non era riuscita a donarle, ma tutto era destinato ad interrompersi appena avesse messo piede in quel posto, lo sentiva.
    Si ritrovò di fronte alla Casa, e risalì le grosse scale di granito bianco che portavano all'entrata. La porta si aprì silenziosamente e ad aspettarla c'era un composto signore che, dopo averle dato il buon giorno, le fece strada fino ad una spaziosa sala d'attesa.
    Lì trovò una donna, seduta su un divanetto e armata di una irruenta bellezza. Longilinea ma dai contorni prepotenti. Il suo sguardo diceva già tutto, e manifestava una certa irritazione.
    Non ci fu neppure bisogno di spostare lo sguardo - perché l'uomo era talmente possente da entrare nel campo visivo ovunque posasse gli occhi - che incontrò l'immagine del tizio di nome Umberto, che l'aveva iniziata alla prova. La causa della sua spossatezza, si potrebbe dire.
    Se fosse stato qualcun altro, gli sarebbe andato incontro tirandogli un cazzotto. La ragazza però sapeva che per uno di quelle dimensioni, ci sarebbero voluti pochi secondi per accartocciare il suo pugno e magari anche tutto il braccio.
    Ma ciò che in verità l'aveva distolta da quel gesto era l'inaspettata bontà che traspariva dal volto di quell'uomo. Così mantenne la calma e la compostezza, con l'intento però di prendersi una piccola rivincita, prima o poi.
    A questo pensiero, le scappò un impercettibile sogghigno.

    Poi, si sedette ed aspettò.

    Edited by ell_Odin - 1/6/2012, 16:07
     
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  5. Lolindir III
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    Fu una notte lunga. I pensieri di mille problemi torturavano la sua mente. Le sue abilità, il suo ruolo nell'Alveare e l'idea stessa di Alveare. Stette quasi tutta la notte a fissare il soffitto mentre il fresco vento notturno rincuorava il corpo provato dal caldo.
    Chiuse gli occhi che era alba inoltrata, i sensi si fecero più acuti, le orecchie incominciarono a percepire le mille vibrazioni create dal mondo intorno a lui mentre il sottile naso raccoglieva odori e profumi che fino a qualche decade fa erano poco più che ricordi degli antichi.
    Un uccellino cinguettava al sole nascente mentre si abbeverava dalla rugiada del mattino dal suo nido.
    Un serpente, avido, deglutiva la preda abilmente cacciata.
    Un topolino emetteva il suo ultimo respiro.
    *Snif--
    Olio.
    Quello per pulire le armi da fuoco. Scattò in piedi silenzioso e rapido tirando fuori da sotto il cuscino una calibro nove, si posizionò vicino all'entrata guardando la porta come se potesse mirare oltre il solido legno. Chiuse gli occhi, il colpo in canna sembrava reclamare il fuoco della polvere da sparo ma doveva attendere.
    *Snif--
    No. Era pulita di recente. Era un membro dell'Alveare. Il passo era sicuro e si fermò davanti la sua porta. La porta di Drake.
    Pensò poco, l'uomo armato aveva effettuato pochi istanti di pausa, niente movimenti o simili. Sentì un rumore di metallo e, senza pensarci due volte, aprì la porta di scatto puntando l'arma in mezzo agli occhi del soldato.
    ...
    °Devi fare sempre così?
    ... Karl.
    °Fortune.

    Il milite era piegato in ginocchio davanti alla sua porta, una piccola busta in mano.
    La vista del soldato innescò una ricostruzione logica nelle sinapsi di Fortune Drake.
    Il passo sicuro, era un messaggero e sapeva fare il suo lavoro.
    L'odore di olio, era un soldato e doveva avere la sua arma sempre in ordine e pulita.
    Il rumore metallico, era la sua arma che aveva toccato la pistola di ordinanza nella fondina di fianco, nel modo di piegarsi.
    ...
    °Tieni.
    Che è?
    °Leggi.

    Fortune abbassò la canna prendendo con la mancina il foglio di carta. Karl sembrò sorridere mentre, senza salutare, si muoveva sui suoi passi lungo il corridoio.
    Tzk.
    Chiuse la porta poggiando la pistola nella scrivania. Aprì con un movimento secco la busta da un lato leggendo rapidamente il contenuto.
    ...
    Nomi sopracitati? Domani? Ma che...
    Non sapeva bene che dire e per fortuna nessuno poteva ascoltarlo.
    Andò in bagno, lavato e espletato funzioni fisiologiche si vestì di tutto punto. Prese un ulteriore coltello e lo infilò nell'anfibio militare, non si sa mai.
    ---
    La Casa. Era il quartier generale dell'intelligence di O'Connor, il suo Palazzo. Il nome, così semplice e familiare, aveva una simbologia degna di lode. Entrò nel salone della riunione, dentro vi erano già due-- no, tre persone. Di queste riconobbe solo Calandra.
    Portò due dita in fronte e le mosse come con un saluto militare per salutarla, silenziosamente. Agli altri, un appena percettibile cenno col capo.
    Di O'Connor, ancora nessuna traccia.
     
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  6. Ðante¹
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    Rumori, nell'appartamento di Giuseppe Serra. Rumori vagamente attutiti da pareti insonorizzate alla bell'e meglio. Provengono dal garage. Quel piccolo cubicolo trasformato in officina dal meccanico sardo. Giuseppe solleva un braccio, terge il sudore dalla fronte col dorso della mano. Nonostante l'ora tarda, c'è ancora movimento. Colpa di quel maledetto carburatore. E' il problema di queste anticaglie, trovare i pezzi di ricambio è praticamente impossibile. Bisogna sapersi arrangiare. E arrangiarsi, in questo caso, significa trovare un modo per far combaciare un carburatore e un cilindro non esattamente identici. Tempo, sudore, lima, olio di gomito e bestemmie. Tante bestemmie. Sussurrate a denti stretti.
    Sprizzano scintille, dalla mola. Giuseppe osserva in controluce il pezzo, passa un dito sulla parte lavorata. Lo prova sul motore, sembra poter andare. Carburatore bloccato nella morsa, micrometrici colpi di lima. Qualche passata di carta e pasta abrasiva, e il pezzo è pronto. Rimonta il tutto. Sono necessari diversi colpi sul pedale di avviamento, ma il motore si accende. In qualche modo. Spegne nuovamente, riprova. Esegue l'operazione alcune volte, per regolare il minimo.

    Non sente subito il campanello. Il suono è coperto dagli scoppi a basso regime della Guzzi. QUando finalmente va ad aprire la porta, non c'è nessuno. Solo una busta chiusa nella cassetta delle lettere. Incuriosito, cava di tasca l'arresoja, apre la lettera. Solo una sfilza di nomi, tra cui il suo, e una convocazione alla Casa. Firmato, Noah O'Connor.

    Beh, tanto la notte è andata, ormai.

    Non si chiede nemmeno il motivo della convocazione. Ordinaria amministrazione, probabilmente. L'unica cosa strana è l'orario della consegna, decisamente inusuale. Mah.

    Avevi di meglio da fare?

    Giuseppe va in cucina, si prepara un abbondante e corposo caffè. Tra un'ora o poco più sarebbe spuntato il sole, tanto vale stare svegli.

    Si cinge il cinturone con la pistola, si getta di traverso alla spalla la cartucciera del fucile. Controlla il Benelli, lo lascia scivolare nel fodero sulla Falcone. Apre il garage e salta in sella, capelli al vento verso la Casa.
    All'ingresso, un'impiegato di mezza età lo guida sino alla "sala riunioni": una specie di salotto organizzato come le aule magne delle scuole, spaziosa e ripiena di sedie. Ancora in pochi, là dentro. Quattro persone, di cui ne conosceva soltanto una, la gnocca irlandese Calandra. Gli altri erano una ragazza carina e sconosciuta, un rude soldataccio e un omaccione grande e grosso, altrettanto sconosciuti. Scambia qualche saluto di circostanza, si accomoda in un angolo.

    Ci sarà da attendere, immagino...
     
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  7. R.Grimes
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    Il display a sette segmenti della sveglia dichiarava con precisione e con una leggera luce verde che erano le 3:58 del mattino, un orario insolito per restare svegli, ma Will era lì sul letto in preda al più straziante flusso di pensieri che avesse mai provato da diversi anni. Con le braccia dietro la testa e gli occhi che fissavano il soffitto non sapeva se si stesse concentrando per risolvere il suo dilemma o più semplicemente cercasse di prendere sonno. La sveglia fece un leggerissimo bip quando scoccarono le quattro del mattino, praticamente in contemporanea udì un deciso bussare e poi una lettera (?) scivolò sotto l'uscio; dato che il ragazzo comunque non riusciva a prendere sonno si alzò per vedere chi avesse bisogno di lui ad un orario così insolito. All'interno vi era una lista, tra cui compariva anche il suo nome; la maggior parte erano sconosciuti; che bello c'è anche Amos esclamò gioioso leggendo anche il suo nome in quella lista.
    La verità era che non sapesse nemmeno cosa c'entrassero tutte quelle persone, il biglietto invitava tutti ad andare al municipio, ma non aggiungeva altro, d'altronde lì vi erano i nomi degli hivers più spietati di tutto l'avamposto, il fatto che li cercassero tutti era sia sospetto che eccitante, per chiamare un esercito di quel tipo i piani alti dovevano avere un bel problema tra le mani. Mentre si preparava lasciò il biglietto sul comodino, tra le pieghe si leggeva chiaramente La questione è della massima urgenza.

    Fu pronto un attimo dopo, ignorava in realtà la ragione per cui dovesse andare lì così presto, ma la curiosità era troppa e voleva essere il primo ad arrivare. Al contrario delle cittadine del vecchio 21° secolo, l'alveare aveva sempre qualcuno che calpestava le sue strade: ubriaconi ciondolanti, protettori col turno di notte, operai che tornavano tardi dal proprio lavoro o più semplicemente persone che col il solo passeggiare sembrava tenessero in vita quel faro nella notte.
    La Casa a sua sorpresa era chiusa a quell'orario, ma il custode una volta che lo vide lo invitò ad entrare nella portineria. Will si avvicinò a lui e porgendogli l'invito gli chiese:
    quanto dovrei aspettare prima che il Municipio apri ?
    Il custode non gli rispose, prese il foglio, ma continuava a guardarlo dal basso verso alto, con uno sguardo di sorpresa come si osserva uno che va vestito in modo sgargiante ad un festa in maschera; Will dal canto suo era equipaggiato come al solito: sulla schiena in basso aveva legate le motoseghe messe a mo di croce, sulla cinta erano appesi i serbatoi (Benzina mi costi caro - Shockato - El Fuego), più una serie infinita di piccole sacche e marsupi assicurati al corpo, dove teneva munizioni ed altro. Ci vollero un paio di secondi buoni poi allontanò lo sguardo da lui e prese a leggere la missiva, poi aggiunse:
    è decisamente presto per il municipio, se vuoi puoi aspettare lì, ma ti ribadisco non aprirà prima di guardò l'orologio della portineria e concluse tre o quattro ore dipende ... Will accettò il suo invito e si sedette, poi dopo un po' il sonno fu tiranno quindi chiese al portinaio:
    senta domani non voglio far tardi se per le 8.30 mi sveglia mi fa un piacere
    lui guardò nuovamente l'orologio e gli rispose
    alle otto finisce il mio turno, ma posso fare un cenno al sostituto
    ok, ok è perfetto, grazie rispose frettolosamente il ragazzo, che come se stesse sotto effetto di sonnifero si addormentò immediatamente.

    [...]


    ehi, ragazzo, ehi svegliati il "sostituto" ora gli scrollava le spalle per svegliarlo, il ragazzo dopo pochi secondi prese subito coscienza del luogo in cui si trovava, in fondo aveva dormito (?) solo un paio di ore. Guardò l'orologio e si accorse che erano le nove meno un quarto, con sguardo di rimprovero prese a guardare l'uomo davanti a se che di risposta si allontanò innervosito; non sapeva se era lui ad aver fatto tardi oppure quello di prima non gli aveva detto niente, sta di fatto che era in ritardo di un buon quarto d'ora.

    Prese a salire le scale velocemente, un uomo sulla quarantina lo instradò verso la sala di attesa; arrivò lì trafelato, ma a malincuore si accorse di non esser stato il primo ad arrivare maledizione! vi erano già cinque persone: Calandra la conosceva già, così come Umberto, l'altra donna e i due uomini restanti non li conosceva affatto, quindi si presento semplicemente:
    piacere Will agli altri scambiò semplicemente un saluto. Trovato un posto posò la sua roba e si sedette, deciso a riposarsi un altro paio di minuti.
     
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  8. Brandon‚
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    brandon-1

    Parlato Pensato Narrato

    La violenza non assume soltanto forme visibili,
    e non sempre dalle ferite scorre il sangue.

    brandquest1Erano circa le 4.30 quando, dopo aver ricevuto la lettera contenente l'invito al sontuoso ricevimento a palazzo, Calandra era uscita dal suo appartamento. Era sprofondato nel divano e aveva chiuso gli occhi con l'intenzione di riflettere, ma le palpebre si erano fatte d'un tratto pesanti e non si erano più schiuse, se non la mattina seguente.
    Ore 7.30.
    I raggi solari si infiltrarono nel soggiorno, sfruttando l'ampia finestra a disposizione, e inondandogli il volto che si contorse in un'espressione infastidita. Mai una volta che si ricordasse di chiudere le tende. Aprì gli occhi lentamente e spalancò la bocca, sbadigliando rumorosamente. Aveva l'impressione di non aver dormito affatto. E in effetti tre ore di sonno dopo una giornata stancante non potevando considerarsi una vera e propria dormita. La prima cosa che vide fu il contenitore vitreo poggiato sul tavolo, quello che racchiudeva il suo sangue probabilmente infetto. Si era ripromesso di analizzarlo quella mattina, ma lanciando una veloce occhiata all'orologio si rese conto di non avere il tempo materiale. Stiracchiò i muscoli e si alzò di scatto, urtando un attimo dopo con la punta del piede contro il fottuto tavolino. Una sentita bestemmia riecheggiò per la stanza silenziosa, seguita da un sonoro sbuffo. La giornata era iniziata con il piede sbagliato, letteralmente. E per qualche strana ragione era convinto che non si sarebbe conclusa meglio, anzi prevedeva un'escalation di eventi poco piacevoli. Entrò in bagno e, posizionatosi di fronte allo specchio, si ritrovò dinanzi ad una visione a dir poco oscena. Gli occhi erano iniettati di sangue e presentavano un bel paio di occhiaie troppo evidenti, la barba dava l'idea di essere più incolta del solito (da quanto tempo non vedeva un rasoio?) e i capelli gli si erano appiccicati sulla fronte a causa dei rimasugli di gel del giorno prima. E chiaramente aveva la bocca impastata, non essendosi nemmeno lavato i denti prima di coricarsi. Praticamente se si fosse incontrato per strada da solo non si sarebbe riconosciuto. Dopo aver usato lo spazzolino si spogliò, trascinandosi sotto la doccia. Nemmeno l'acqua gelida, però, ebbe il potere di spazzare via la stanchezza. Rassegnato, andò a vestirsi e si sistemò infine i capelli alla meno peggio. Farsi la barba era da escludere, avrebbe sprecato altro tempo e doveva ancora preparare le cose davvero essenziali. Si diresse in laboratorio e riempì il solito zaino da viaggio con le varie armi chimiche, selezionandole accuratamente, quindi si legò la pistola alla cintura e indossò una fascia che presentava spazi per munizioni, in modo da portarsi dietro ancora più proiettili in caso di emergenza. Racimolò qualche boccetta contenente le pozioni di cui non riusciva a fare a meno e se le infilò nelle tasche. Quando fu certo di avere con sè tutto il necessario diede un ultimo sguardo alla casa e si chiuse la porta alle spalle, sbattendola fragorosamente. Nervosetto, il ragazzo.

    L'orologio segnava le 8.55. Si sistemò un paio di occhiali da sole neri, troppo grandi per la sua faccia, a coprirsi gli occhi. Dunque si avviò verso la Casa di O'Connor camminando come uno di quegli zombie che si vedevano nell'Incubatrice, con la differenza che, anzichè essere alla ricerca di cervelli, ignorava chiunque gli passasse accanto. Qualcuno doveva averlo salutato, ma lui sembrò non farci caso e proseguì per la sua strada. Giunto a destinazione venne accolto dallo schiavetto di O'Connor, che aveva già incontrato molte altre volte quando si trattava di assegnare missioni al malcapitato di turno. Questi lo fece accomodare in una grande sala nella quale si potevano contare 5 o 6 persone. Si guardò intorno da dietro le lenti scure e riconobbe quella sottospecie di vichingo al quale aveva rifilato una missione nell'Eden qualche tempo prima, un certo Umberto-qualcosa. Non aveva più avuto notizie di lui. Poi notò in un angolo il ragazzino biondo che lo aveva aiutato quando c'era stato l'assalto degli infetti all'esterno dell'alveare, a causa di un pazzo schizzato e della sua consorte. Ricordava che alla fine lo aveva trovato tutto intento in una sorta di rapporto necrofilo con la donna, alla quale Brandon aveva ficcato amorevolmente due pallottole in fronte. Sorrise ad entrambi, ma fu un sorriso assolutamente di circostanza, esplicitato allungando solo gli angoli della bocca, senza neanche scoprire i denti. Era troppo nervoso e assonnato per fare di meglio, ma era certo che avrebbero comunque apprezzato lo sforzo. Si avvicinò infine a Calandra, stravaccata su un divanetto, che era stata la prima ad aver notato. Le si sedette accanto, lanciando sul pavimento lo zaino, che a giudicare dal rumore doveva contenere un bel pò di roba metallica. Le baciò la guancia e posò una mano sulla sua, facendo aderire palmo e dorso, ma non proferì parola. Tutti, lì dentro, erano in attesa di qualcosa.



    Edited by Brandon‚ - 2/6/2012, 15:55
     
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  9. amosdaragon94
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    amos1-1

    Parlato Pensato Narrato


    amosbackg
    Era notte fonda, dalle strade dell'alveare non si sentiva il benché minimo rumore, tutto era calmo, stranamente calmo, in genere qualcosa si sente, che sia un lieve soffio di vento o che sia un ubriacone che manda a quel paese dio o un muro che scricchiola, ma stavolta il silenzio regnava come sovrano incontrastato. Amos quella sera era andato a dormire presto per via del distruttivo addestramento che aveva sostenuto con Masamune il pomeriggio, lo aveva trattenuto il più del dovuto, diceva che doveva imparare a "reggersi in piedi prima di correre", probabilmente un'altra fottuta ed enigmatica frase filosofica da samurai, da un pò di tempo aveva cominciato ad allenarlo facendogli mettere pesi su tutto il corpo talmente pesanti da immobilizzargli quasi i movimenti. Risultato, estrema stanchezza e l'appisolamento precoce. Ma nonostante la forte debilitazione, Amos non dormiva affatto profondamente, non perchè non voleva, ma perchè non ci riusciva, il tempo che aveva passato fuori nel mondo disseminato di infetti prima di venire nell'alveare lo aveva segnato per sempre, anche se dormiente i suoi sensi erano sempre attivi al 100% dandogli ogni minima informazione su quello che succede intorno a lui in modo tale da poter agire velocemente in caso di attacco improvvisio, quest'abilità gli è stata utile, se non essenziale, innumerevoli volte.
    Ad un tratto il sensibile naso del cacciatore lo avvertì della presenza dell'odore di un uomo che sembrava avvicinarsi al suo appartamento, subito dopo il suo udito confermò la teoria, sentiva passi, passi decisi di chi sa perfettamente dove sta andando e con uno scopo preciso.
    Chi può essere? in genere chi torna a quest'ora a casa porta con se un forte odore di alchol, ma questo ne emana uno pulito e neutro... che sia un messaggero? il rumore si era fatto più vicino, Amos riuscì a sentire anche l'odore di carta appena stampata, il chè vuol dire solo una cosa: lavoro. Aprì gli occhi con decisione, come lo farebbe soltanto un drago dormiente che viene destato da un rompicoglioni, rivolgendoli verso la porta di casa sua, subito dopo una lettera sigillata scivolò sul pavimentò e che palle!, beh, inutile dire che una nuova missione per quanto possa divertire un giovane cacciatore assetato di sangue, non era il massimo a quell'ora della notte.
    Si alzò di scatto e con forza travolgendo e buttando a terra sia cuscino che coperte, prese lattera, la girò vedendone il retro e lesse il nome del mandante: Noah O'Connor, il gran capo... disse a bassa voce tra se e se, cosa potrebbe mai volere un tipo di tale fama da lui? non perse tempo, la aprì e ne lesse il contenuto. A quanto pare doveva recarsi al municipio insieme ad altre persone, i nomi erano tanti, più di una decina, ma lui non ne conosceva nemmeno la metà, mmm, non si era mai reso conto di essere così poco popolare, ripensò alle interazione che aveva avuto con altri sopravvissuti di the hive e constatò che erano così poche da poterle contare sulle dita, probabilmente a più del 90% dell'alveare lui era del tutto sconosciuto.
    L'orario di convocazione era alle 8:30, il ché significava che poteva dormire ancora un bel pò... ma si sa, dopo che ti svegliano di notte fonda con una notizia simile col cavolo che dormi di nuovo, infatti Amos rimase fino all'orario di incontro a cercare di riaddormentarsi, ma inutilmente, fottuto O'Connor. Si svegliò verso le 8:00, orario perfetto per arrivare puntuale, il suo corpo nonstante il fiaccante allenamento del giorno prima, si era completamente ristabilito, fece un'abbondante colazione, si equipaggiò e si avviò alla porta. Allungò la mano al pomello ma prima che potesse girarlo gli vennero in mente le minacciose parole del suo maestro: "devi fare gli esercizi che ti ho fatto vedere tutte le mattine! se non li fai ti spezzo le gambe! a quel ricordo la sua faccia acquisì un'espressione quasi di terrore, a quanto pare Masamune aveva preso sul serio il suo allievo e ovviamente voleva che anche lui prendesse sul serio il suo maestro.
    Non aveva scelata, se volveva davvero migliorare con la spada doveva stare alle regole di quell'estenuante samurai, quindi dopo un duro allenamento mattutino e dopo una doccia (ovviamente muovendosi così aveva sudato), uscì finalmente di casa, purtroppo però così facendo aveva perso un sacco di tempo, erano più o meno le 9:00, cazzo!, Amos odia fare tardi, quindi si mise a correre fino al municipio, luogo dove non aveva mai messo piede. Tanto per cambiare sbagliò un paio di volte la strada, il suo senso di orientamento era sicuramente l'unico a fare completamente schifo, come si fa ad orientarsi in un luogo che emana lo stesso odore in qualunque parte di questo tu sia (apparte la fatiscenza, li avrebbe potuto arrivarci a occhi chiusi dato il disgustoso tanfo che emana).
    Arrivò al municipio e varcò la porta, camminando notò che si era tagliato la maglia in qualche modo, all'altezza della spalla sinistra, mostrando la maglia di ferro sotto di essa, aveva ancora molto da imparare sull'arte della spada. Un signore che doveva essere più o meno sulla quarantino gli si avvicinò vieni, è da questa par... il cacciatore le frenò di brusco, sisi lo so, li sento, sentiva già l'odore di più persone insieme, era li che doveva andare. Arrivò alla fatidica porta, l'odore di esseri umani era chiaramente percepibile, erano ancora pochi, un paio di donne, il resto uomini. Aprì la porta in modo calmo e sicuro, stava per conoscere tante persone nuove e come un lupo che entra a far parte di un nuovo branco, voleva dare un immagine di se forte, ma non nel sense che voleva darsi arie, vantarsi e stronzate del genere, voleva solo mandare un messaggio ben chiaro, quello di uno che sa il fatto suo e che sa cavarsela.
    Le persone li dentro erano ancora poche, ci sarebbe stato da aspettare, due donne, la prima era la conosciutissima Calandra la proprietaria dell'officina, proprio quella che lo aveva mandato in una missione suicida il secondo giorno dopo il suo arrivo, non gli stava simpatica, di conseguenza incrociando il suo sguardo, gli mandò un'occhiata non del tutto amichevole, la seconda non l'aveva mai vista prima, poi c'era un omaccione che lo guardava con occhio giudicativo, uno che sembrava un veterano di guerra, Giuseppe, l'Italiano che aveva già avuto modo di conoscere e infine Brandon, l'ingegnere bombarolo... ah, e poi anche il buon vecchio Will che sembrava avere un'aria alquanto assonnata, ma non troppo da impedirgli di salutarlo con entusiasmo.
    Buon giorno, un semplice saluto generale ma allo stesso tempo freddo e si sedette vicino al biondo compagno, la persona che conosceva di più e con cui aveva passato più tempo nell'alveare.
     
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  10. La Gilda
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    Stille camminava nella notte tra le strade del quartiere residenziale dell'alveare. Camminava quasi in punta di piedi, con passo felpato. Uno dei tanti giochi insegnatigli dalla madre. Solo ora, ad anni di distanza, era in grado di capire che ciò che la madre gli proponeva come gioco non era altro che un piccolo addestramento. Guardati attorno, Ricorda gli oggetti, Arrampicarsi sugli alberi, camminare silenziosamente, etcetera etcetera...

    Amava uscire la notte, studiare le strade dell'alveare e nel frattempo cercare di camminare tanto silenziosamente da non sentire i propri passi - pensa di esserci addirittura riuscito una volta o due- .
    Era notte inoltrata ormai, e sicuramente la mattina dopo avrebbe avuto qualche compito di relativa importanza per l'alveare. Nonostante una brutta prima impressione cominciava a piacergli quel posto. La gente viveva secondo la regola del "tutti aiutano tutti - tutti lavorano per tutti" anche se a lui pareva che ci fosse qualcuno che giostrava l'alveare in modo particolare, non si fidava. Sono gli uomini importanti che commettono gli errori peggiori.

    Arrivò al suo appartamento verso le 2 di notte, sotto la porta vide infilata una lettera. Strano.
    Il suo appartamento era un monolocale, più grande di quanto necessitasse. La quata parete era un'unica vetrata, il cielo era ridotto ad una striscia tra due palazzi che gli impedivano qualsiasi visuale. Ma andava bene, non era abituato ad una casa e quel vetro gli permetteva di non sentirsi rinchiuso. Si sedette sul grande materasso buttato a terra che gli fungeva da letto e lesse la lettera.

    Un gran numero di nomi poi:
    « Coloro che rispondono ai nomi sopracitati sono pregati di presentarsi quanto prima, nella giornata di domani, alla Casa. La questione è della massima urgenza. »
    Noah O'Connor


    Per l'appunto, tutti lavorano per Connor.

    Comunque avrebbe dovuto lavorare in qualche modo la mattina dopo, nessun problema. Senza neanche svestirsi buttò la lettera da un lato e si addormentò.
    ___________________

    Di primo mattino Vigdìs si trovava già davanti alla presunta Casa. Non aveva avuto problemi a trovarla, da una parte per le sue dimensioni, dall'altra perchè ormai aveva imparato la planimetria di una buona parte di alveare.
    Davanti all'ingresso stazionavano degli uomini, chiese loro indicazioni per trovare la sala d'aspetto. Fu una piccola camminata all'interno di un piccolo maniero. La Casa meritava il suo articolo, non ve ne erano presenti altre come quella in tutto l'alveare. Studiare l'ambiente era complicato, non aveva mai visto un'abitazione tanto articolata, vide tante porte, tanti corridoi. Un piccolo flash gli fece immaginare gli infetti che prendevano il dominio dell'ambiente, sarebbe stato un massacro.
    Arrivo alla sala d'attesa e vide che era già presente un gran numero di persone. Era presente Umberto, il suo esaminatore. Si sentiva un pò in colpa per il suo comportamento durante il test, certo, non lo perdonava per aver usato l'immagine della madre morente, però aveva avuto le sue ragioni. Eppoi la ragazza con cui era entrato nella stanza bianca, di lei non sapeva il nome. Dei presenti restani non conosceva nemmeno il viso. Dopo un moto del capo leggero verso umberto cerco una sedia libera e si sedette.

    Sala d'attesa? attendiamo.
     
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  11. Masamune
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    Maledette notti insonni... Continuava a ripetersi Masaune che seduto con le gambe incrociate continuava a pulire la lama della sua katana; oramai c'erano poche cose che lo distraevano da quei fash e visto che oramai era notte fonda non c'era niente di meglio di concedersi qualche piacere almeno per il corpo... Si, si mi ci vuole un bagno caldo almeno mi leverò questa espressione, queste occhiaie, dalla faccia... Lo esclamo a gran voce anche se nella stanza non c'era nessuno, voleva dare un ordine al suo corpo che questa volta lo accetto volentieri...
    Quindi si spoglio ed inizio a passi lenti ad avvicinarsi alla stanza da bagno, fu u piacere immenso immergersi in quell'acqua calda e restarci n ammollo per una buona mezzora, non voleva lavarsi voleva solo rilassarsi e ci riusci in pieno, una vota uscito si asciugo per bene e rilego i capelli, che ancora bagnati erano in colore nero scuro, nella lunga coda; scelse un libro nelle mensole in alto del corridoio e si apprestò a ritornare sui suoi passi per raggiungere la camera da letto, ma qualcosa in quella mezzora era cambiata ora sul pavimento, davanti alla porta d'ingresso, si trovava una busta, una classica busta bianca di quelle che si usano per le missioni ed intuì che doveva essere per una missione importante se era stata consegnata ad un orario così strano... Che cos'ha in mente Noah, non poteva aspettare domani mattina, bhe non resta altro che leggerla...

    Una lista di sedici nomi, alcuni noti altri meno, gli si paro davanti agli occhi accompagnata dall'invito "ufficiale" di presentarsi a cospetto di O'Connor la mattina stessa; ci riflette un po' su: trovava tutto questo estremamente strano ma non riusciva a nascondere, dato il suo animo di guerriero, una lieve felicità.. Strano che abbia convocato tutte queste persone per una sola missione e non dico sedici pivelli ma persone del calibro della rossa, di Brandon.. Ora che guardo bene ci sono anche Amos e Will... Bhe penso proprio che ci sarà da divertirsi, o quanto meno da sporcarsi molto le mani...
    Un lieve sorriso apparve sul viso del samurai che comunque sapeva che presentarsi alle 5.00 del mattino non era di certo la cosa migliore quindi sdraiatosi sul letto apri il libro che aveva preso qualche secondo prima (il primo numero di 1Q84 di Murakami) e apertolo a pagina 164 capitolo 11 inizio a leggere:
    "Aomame
    Il corpo è per gli uomini un santuario
    Persone come Aomame che possiedono un'arte consumata nel tirare calci ai testicoli, si possono contare sulla punta delle dita. Aveva studiato con regolarità e diligenza i vari modi di tirare calci, senza trascurare l'esercizio pratico. La cosa più importante quando si piazzava un calcio ai testicoli era eliminare ogni esitazione..."


    [....]



    Il tempo passo e molto probabilmente ne passo troppo, il samurai non se ne accorse e quindi in tutta calma si armo di tutto punto, la katana lucida era proprio una meraviglia, ed inizio ad incamminarsi verso il "municipio" con ancora il libro in mano... Se ci sarà da aspettare almeno troverò un modo per intrattenermi... Non sapeva ancora che gli altri lo stavano aspettando e non sarebbe stato vice versa...
    Arrivò finalmente alla porta d'ingresso, la spalancò ed entrò, stranamente non c'era nessuno ad accoglierlo e quindi senza starci troppo a pensare si avvio per le scale per raggiungere la sala delle udienze; solo a meta strada incontro il funzionario che fungeva da tuttofare per il capo che con parole scherzose, ma con un tono che sembrava quasi di rimprovero gli disse: Masamune ti sembra forse questo l'orario in cui presentarsi , sbrigati sono quasi tutti arrivati... e di risposta il samurai pensando che fosse realmente uno scherzo: Comandi signor Bruce... e scoppiando a ridere continuò diritto per la sua strada, strada che termino nella "sala grande", dove una volta entrato si accorse con suo stupore che erano veramente quasi arrivati tutti...
    Non pote che non continuare a ridere e salutando tutti i presenti, scambiando qualche parola per di più con chi conosceva, si mise a seder per terra quasi al centro della stanza, odiava profondamente i quei divanetti e preferiva come da tradizione giapponese sedersi sul pavimento, cosi una volta aperto il suo libro prima di iniziare a leggere, spezzo il silenzio e la pace che regnava fra i presenti esclamando in un sorriso: Calandra tu che sai sempre ciò che passa nella mente del "boss", perché ci ha convocati tutti qui, cosa c'è in ballo..?
    E dopo questa domanda, che dava voce agli animi di tutti i presenti, si rituffo nella lettura...
     
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  12. DoctorWho?
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    Uno strano rumore arrivò alle orecchie del ragazzo che si stava rigirando nel suo letto, in un momento di dormiveglia.
    Si fermò a ragionare su quale potesse essere il punto di partenza di quel rumore

    Tsk... Stupidi ubriaconi

    Così si girò dall'altra parte, stringendo a se il cuscino e ritrovando il tanto agognato riposo.
    Finalmente da un po' di tempo che riusciva di nuovo a dormire, forse non benissimo ma dormiva.
    Ovviamente gli incubi si apprestarono ad ingombrare la mente di Nick come delle falene attratte dalla luce.
    Gli infetti sembravano popolare la mente del ragazzo, quando un loro urlo strappo quell'armonia e saltò giù dal letto.
    Era stata come una sveglia. Il sole sembrava alto nel cielo e non restava che alzarsi.
    Dopo un grande sbadiglio e solo essersi stiracchiato per bene si alzò da quel freddo pavimento

    Stupidi stronzi! Ora mi interrompono anche il sonno

    Iniziò a vagare per strada quando un pezzo di carta attrasse l'attenzione del ragazzo.
    Una busta era distesa a terra accanto alla porta, ecco svelato il segreto del rumore.

    Chissà cosa vogliono ora

    Così Nick prese la busta e la aprì con la sua lama per poi finalmente leggerla.

    CITAZIONE
    Brandon Edge
    Calandra Lefebvre
    Fortune Drake
    Umberto Napolitano
    Jack Dartmoor
    Guglielmo "Will" Tori
    Amos Daragon
    Nick O'Brian
    Giuseppe Serra
    Irvine Kenneas
    Mya Touch
    Blume Breisean
    Masamune Okazaki
    Petch Mall
    Heike Schwarz
    Vigdìs Briem

    « Coloro che rispondono ai nomi sopracitati sono pregati di presentarsi quanto prima, nella giornata di domani, alla Casa. La questione è della massima urgenza. »
    Noah O'Connor

    Lesse quella lettera e una smorfia di disprezzo rigò il suo candido volto

    Pff ancora quelle solite storie, e c'è anche il mio nome, stupido O'Connor

    Doveva rivestirsi, doveva partecipare o sarebbe stato gettato in pasto agli infetti come un piccolo coniglio gettato in pasto ai leoni, per quanto possa essere veloce ed astuto prima o poi perirà.
    Così prese velocemente i vestiti, li indossò e iniziò a dirigersi a quella stupida casa

    Spero di trovare degli compagni, non voglio degli Idioti

    Perso tra i suoi pensieri e stupidi lamenti era arrivato al luogo dell'incontro.
    Entrato dall'entrata iniziò a salire le scale fino ad arrivare ad una grande porta

    Prego entri, il signor O'Connor e gli altri la stanno aspettando

    Così quella grande porta si spalancò dando spazio ad una nuova e grande vista.
    Molti dei suoi compagni erano già lì, tutti in attesa di risposte, proprio come lui.
    Ma in giro di O'Connor non c'era.
    Così iniziò a camminare lentamente in quella grande stanza, con un'aria sicura e distaccata cercando di squadrare tutti i personaggi già presenti, voleva capire meglio i suoi compagni, sperando non fossero un'ammasso di uomini inutili.
     
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    Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini

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    Il Leviatano è il male necessario che si staglia sulle coscienze dei cittadini, come il sole sul capo a mezzoggiorno. Nonostante ciò egli non può ordinare ad un cittadino di uccidersi, nè può condannarlo a morte. D'altronde nel momento in cui esso venga minacciato da un altro stato può spingere i cittadini alla guerra, ma solo se in caso di sconfitta venga compromesso egli stesso.

    Dopo l'esperienza della missione nell'Eden il protettore che rispondeva al nome di Irvine era cambiato. Non aveva mai affrontato avversari di quel calibro e soprattutto difficilmente era stato così vicino alla morte. Tutto ciò l'aveva spinto a riflettere sull'essenza della propria persona, sulla fragilità del suo corpo umano. Benchè disponesse di poteri non umani, e la sua comprensione delle cose andasse oltre la più fervida immaginazione, Irvine non era riuscito a farsi valere. Si era dovuto far trascinare a casa dai propri compagni, in fin di vita. Qualcosa dentro di lui era cambiato, la persona buona e gentile che aiutava sempre il prossimo non era scomparsa tutt'al più si andava modificando; l'orgoglio dentro di lui lo devastava. Proprio lui che con i sentimenti umani aveva sempre fatto a pugni, che non li aveva mai scoperti nè provati.
    Si rigirava nel letto, inquieto.
    L'enorme cicatrice sulla spalla destra gli ricordava il fallimento.
    Non aveva mai sognato e quella notte non fece eccezione alcuna. Il rumore alla porta venne anticipato ancora prima dai suoi occhi, che si aprirono un secondo prima. L'aveva sentito arrivare. Si alzò dalla branda e si diresse alla porta, indossava soltanto un paio di calzoncini ma non gli interessava, anche il suo senso del pudore era di gran lunga inferiore a quello umano; di base poi vivere tra gli infetti per diverso tempo come un vagabondo certo non l'aveva aiutato in tal senso.
    In ogni caso il corriere completamente coperto consegnò una lettera e poi scomparve nel buio. La missiva era esplicità.

    L'indomani Irvine si diresse alla Casa. Così chiamavano il Municipio dell'Hive, dove risiedeva il capo: O'Connor.
    Irvine fece capolino nella sala. Con estrema sorpresa si rese conto che c'erano anche molte altre persone. In tanti avevano deciso di venire la di buon ora. In molti non li conosceva, altri invece erano stati suoi compagni.
    Brandon.
    La sua attenzione fu attratta da qualcosa di meglio. Un odore s'instaurò nelle sue narici annebbiando ogni percezione. Lo sguardo puntò dritto alla sua meta.
    Calandra.
    Sussurrò rapito senza sapere neanche perchè, non erano sensazioni che gli appartenevano. Era qualcosa che andava oltre la sua semplice comprensione. Brandon le teneva la mano, la cosa era chiara ed ambigua. Gli fece un pò male ma non se ne curò, non era nato per quello. Distolse così lo sguardo abbassandolo, sarebbe stato solo un attimo e nulla più. Non valeva la pena stare a guardare nè tanto meno ascoltare. Si andò a sedere su una sedia senza pensare nè guardare. Accanto a lui c'era una ragazza dal bell'aspetto ma non se ne ravvide, dopo tutto non gli aveva salvato la vita.
     
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    ~Jack Dartmoor



    jpg
    Per una volta, Jack stava riuscendo tranquillamente a dormire senza che alcun pensiero si affollasse nella sua mente. Era disteso, come al solito a torso nudo sul letto con gli occhi da lupo chiusi e rilassati e i capelli sciolti sparsi per il cuscino, il suo respiro era lento e regolare, ma la sua espressione era contrariata, nonostante la beatitudine di essere circondato dalle braccia di Morfeo.
    La tranquillità, sfortunatamente durò poco. A interromperla fu un tempestivo sposarsi del suo udito acuto e di un sonoro bussare alla porta.
    Gli occhi di Jack si aprirono con uno scatto. I suoi occhi gialli andarono automaticamente all'orologio.

    ...4:18...

    "Tutto per tutti" sentiva dire Jack in giro, era così che ragionava l'Alveare.
    Ma, merda, il tutto si può fare anche senza essere interrotti in piena notte, ma a quanto pare lì nessuno lo capiva. Non era certo la prima volta che gli succedeva.
    La sua mano si allungò fino a prendere l'elastico, poi la portò dietro la nuca e si legò la matassa di capelli neri arruffati.
    Si infilò i suoi pantaloni di pelle e scese al piano inferiore, sentendo un lieve odore di fotocopia e inchiostro.
    Arrivato in soggiorno, Jack notò sotto la fessura della porta, per metà ancora fuori dall'abitazione, una lettera bianca che sporgeva timidamente all'interno della stanza.
    Jack si chinò a prenderla e la osservò per qualche secondo.
    Era una lettera dal municipio.
    Improvvisamente alcune domande si affollarono nella testa del giovane: cosa poteva essere? Qualche richiesta di missione? O più semplicemente si era dimenticato di pagare qualcosa?
    La aprì con decisione, estraendo un foglio di carta. c'era scritta una lista di una decina di nomi, seguiti da un semplice avviso di convocazione da parte nientepopodimeno che Noah O'Connor.
    La cosa incuriosì Jack non poco. Da come era impostata la lettera sembrava che si trattasse di una missione urgente da sbrigare, ma quale missione poteva richiedere così tanti uomini e con così tanta rilevanza?
    La prospettiva di una missione così pericolosa emozionò il giovane, che aveva di nuovo la possibilità, non solo di aiutare l'alveare, ma anche di poter quasi certamente spaccare un altro paio di crani di infetti.
    La lettera diceva "Nella giornata di domani", perciò Jack decise che, dopo aver sistemato le sue armi, avrebbe dormito un'altro paio d'ore.

    *


    Bi-bip. Bi-bip. Bi-bip.

    Jack si era appisolato a faccia in giù sul suo letto, ancora con il pantalone, i capelli legati e la Desert Eagle in mano. Senza sicura.
    La sveglia squillava insistente. Nello stato di poca lucidità mentale causata dall'improvviso dormiveglia, e dato il fatto che reggeva la pistola in mano, Jack prese in seria considerazione l'idea di sparare sul marchingegno fastidioso, ma si limitò a puntarci gli occhi irritati.

    ...8:52...

    Era in ritardo.
    La cosa sembrò con toccarlo più di tanto, ma il giovane si convinse che era arrivato il momento di alzarsi.
    Si sollevò dal letto lentamente e si diresse verso il bagno, ciondolando.
    Poco dopo era lavato vestito e con le armi sul fianco, ben fissate. Sia la spada e che la pistola luccicavano al sole del mattino che entrava dalla finestra.
    Uscendo di casa con addosso gli occhiali da sole a goccia si diresse al garage, sollevando la saracinesca con una mano sola e montando con un balzo sulla sua moto.
    Erano passate ampiamente le nove quando Jack partì di casa diretto al municipio. Ad ogni modo il ragazzo sembrò prendersela comoda. In effetti non aveva alcuna voglia di dannarsi l'anima per risparmiare qualche minuto, e poi, lui detestava essere agitato e non essere in combattimento allo stesso tempo.
    Il viaggio fu brave, durò appena un paio di minuti. In effetti raggiungere La Casa era una cosa che avrebbe potuto fare anche a piedi, ma a prima mattina, con il sonno interrotto, camminare era una cosa che avrebbe evitato.
    Parcheggio davanti al portone d'ingresso, mentre il rumore della Harley Davidson moriva lentamente. Jack scese giù dalla moto e senza troppi complimenti entrò nella Casa.
    All'interno non c'era nessuno, perciò il giovane si convinse che probabilmente doveva recarsi alla sala delle udienze.
    Salì al piano di sopra e svoltò per un largo corridoio, in cui c'era già un uomo dall'aria contrariata.

    Ah, Signor Dartmoor! Le sembra questo l'orario di arrivare?

    Jack non rispose, non lo degnò neanche di uno sguardo. Continuò a camminare con la testa bassa ma con gli occhi fissi davanti a lui.
    Arrivato alla fine del corridoio, spalancò la grande porta della sala delle udienze.
    All'interno c'erano già un gran numero di persone.

     
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  15. |Hayley|
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    heike

    Parlato Pensato Narrato


    heikebackC'era nell'aria qualcosa di strano, un sentore profondo di tranquillità, misto, però, all'inquietudine che si percepiva al momento della calma foriera di tempesta. Le pareti andavano ad assestarsi con una frequenza elevata, così da provocare scricchiolii fastidiosi che, sommati all'oscurità circostante, conferivano alla stanza un alone di mistero, tipico di quello che nei thriller precedono la notizia di un decesso. Quella notte Heike era stranamente vigile, sveglia come non mai, alla ricerca di un nuovo segreto da poter svelare a proposito di quella pianta che aveva raccolto l’altro giorno, rischiando quasi di lasciarci le penne.
    Tenendo l’occhio all’altezza dell’oculare, fece ruotare più e più volte la vite macrometrica, tentando di trovare qualunque cosa: ma niente.
    Mi serve un microscopio a scansione elettronica… biascicò, all’ennesima ricerca, rendendosi conto che, a quell’ora, il fatto di fissare ininterrottamente attraverso una lente illuminata, per non si sa quanto tempo di fila, non le facesse proprio bene alla vista. Sospirò, portando indietro la testa mentre premeva su off per interrompere il funzionamento dell’oggetto.
    Tirò su le braccia, stirandosi, decisamente indolenzita per le troppe ore passate china sulla scrivania; prima o poi le sarebbe venuta una grave scoliosi a furia di lavorare. Fece una smorfia, immaginandoselo: era meglio non pensarci.
    Tirò avanti i piedi, dandosi una leggera spinta per far allontanare la sedia dal tavolo, mentre batteva le palpebre nel vano tentativo di far passare il bruciore agli occhi. Le sarebbe stato necessario dormire chissà per quanto per poter rimediare alla stanchezza ma… non quel giorno.
    Si voltò di scatto all’udire un battito alla porta, che la fece saltare sull’attenti, all’erta. Non rispose subito, si limitò, semplicemente, ad avvicinarsi a passo lento all’entrata pronta ad aprire e a reagire se ce ne fosse stata la necessità: ma così non fu.
    Si fermò, guardando verso il basso qualcosa di cartaceo che, chiunque fosse, aveva avuto la premura di infilare sotto alla porta, pensando, probabilmente, data l’ora tarda, che stesse effettivamente dormendo.
    Si chinò a leggerla, tenendo una mano poggiata poco al di sopra del bacino, sulla parte dolorante della schiena, a tal punto da farla sentire quasi una persona anziana, tanto era imbarazzante come situazione.
    CITAZIONE
    Brandon Edge
    Calandra Lefebvre
    Fortune Drake
    Umberto Napolitano
    Jack Dartmoor
    Guglielmo "Will" Tori
    Amos Daragon
    Nick O'Brian
    Giuseppe Serra
    Irvine Kenneas
    Mya Touch
    Blume Breisean
    Masamune Okazaki
    Petch Mall
    Heike Schwarz
    Vigdìs Briem

    « Coloro che rispondono ai nomi sopracitati sono pregati di presentarsi quanto prima, nella giornata di domani, alla Casa. La questione è della massima urgenza. »
    Noah O'Connor

    Ovviamente non si trattava di un invito a pranzo, doveva aspettarselo. Sbuffò, secca, mentre gettava via la lettera e si dirigeva verso la sala da bagno, con l’intenzione di fare una doccia ristoratrice: il trucco, quando si è stanchi, è di rimanere svegli fino a quando non si supera l’ora critica, lo diceva sempre.

    Arrivò qualche ora più tardi, del tutto preparata, con il solito marsupio alla gamba e il completo da “lavoro”, comodo e pratico per qualunque azione le fosse stata richiesta. Si fermò non appena davanti a sé si eresse la Casa in tutta la sua grandezza, ormai inevitabilmente vicina.
    Si guardò intorno, aggrottando la fronte alla ricerca di qualcuno, ma l’unica persona che vide fu un incaricato che la condusse all’interno della Sala grande, dove –chissà perché non se ne sorprese- sembrano essere arrivati già quasi tutti. Scrollò le spalle guardandosi intorno, come per identificare qualche volto familiare ma… no, sembrava non conoscere proprio nessuno, a parte Brandon e Calandra, poco più in la, ma fece finta di non essersi accorta di loro: per qualche strana ragione, era convinta che non avrebbe fatto piacere a nessuno dei due vederla.


     
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